La profilassi del tromboembolismo venoso nel paziente oncologico ambulatoriale

Una pratica importante ma sottovalutata

di Giuseppe Vercillo – La relazione tra cancro e trombosi è nota da tempo, se pensiamo che la prima descrizione di una tromboflebite occorsa in una giovane donna con cancro gastrico, fu fatta nel 1865 da un medico francese, Armand Trousseau il quale, ironia della sorte, si autodiagnosticò la condizione poco tempo dopo morendo di cancro nel 1867.

L’interesse verso questo argomento è cresciuto moltissimo negli ultimi decenni e diversi studi hanno evidenziato la capacità del tessuto neoplastico di attivare e allo stesso tempo interagire con il sistema emostatico attraverso vari meccanismi, rivelando, inoltre, uno stato di ipercoagulabilità latente e di diatesi protrombotica di questi pazienti.

Il tromboembolismo venoso seconda causa di morte nel paziente oncologico

Quando si parla di trombosi nel paziente oncologico si pensa sempre al tromboembolismo venoso (TEV), che è di certo la manifestazione trombotica più comune, ma non dobbiamo trascurare il tromboembolismo arterioso, in grande aumento con l’arrivo degli immunoterapici, così come le sindromi sistemiche, quali la coagulazione intravascolare disseminata (CID) o le microangiopatie trombotiche (MTA).

L’incidenza del TEV è 7-11 volte più alta nel paziente oncologico rispetto alla popolazione generale variando a seconda dello stato del cancro (cancro “attivo” vs “non attivo”), la sua sede (pancreas stomaco e polmone sono le neoplasie più trombogeniche), l’estensione della malattia, le concomitanti terapie anticancro, la chirurgia, o i fattori legati al paziente (età avanzata, precedente TEV, immobilità, ospedalizzazione, utilizzo di CVC, obesità, etc.) e il tromboembolismo è la seconda causa di morte nel paziente oncologico. Di recente tra i fattori di rischio emergenti per TEV nel paziente oncologico sono risultate anche alcune mutazioni e riarrangiamenti oncogenici come MET e kRAS nei tumori solidi o JAK-2 (V617F) nelle neoplasie mieloproliferative.

La patogenesi delle trombosi cancro-correlate è multifattoriale e coinvolge meccanismi differenti e strettamente interconnessi tra di loro, racchiusi nelle 3 condizioni classiche della triade di Wirchow: attivazione della coagulazione, stasi venosa e alterazione della parete vasale.

Le cellule tumorali sono in grado di attivare la coagulazione in maniera diretta, attraverso il rilascio di proteine procoagulanti come il fattore tissutale in grado di attivare la via estrinseca della coagulazione o i polifosfati (poly-P) in grado di legare e attivare il fattore XII, ma anche in maniera indiretta attraverso la liberazione di citochine proinfiammatorie (IL-1, VEGF, TNFa, G-CSF etc.) capaci di indurre un fenotipo proinfiammatorio/procoagulante nelle normali cellule circolanti del sangue.

Allo stesso tempo l’immobilizzazione secondaria alla ospedalizzazione o alla chirurgia comporta una condizione di stasi venosa cui, a volte, si associa il danno endoteliale dovuto, ad esempio, all’inserzione di un device, quale il PICC dotato di maggiore trombogenicità o il PORT, tutte condizioni che aumentano ulteriormente il burden trombotico del paziente oncologico.

Stratificare il rischio TEV pre-chemioterapia per ridurne l’incidenza durante il trattamento

Sebbene la maggioranza degli eventi tromboembolici occorra nel paziente ambulatoriale durante il trattamento chemioterapico, le principali linee guida internazionali concordano nel non tromboprofilassare di routine questa categoria di pazienti: considerato che gli eventi emorragici, in caso di utilizzo di farmaci anticoagulanti, non sono così infrequenti nei pazienti oncologici, trattare dei pazienti a basso rischio di TEV potrebbe far sì che i rischi legati a una tromboprofilassi siano superiori ai benefici.

Diventa quindi mandatorio, prima di avviare il paziente oncologico a un trattamento chemioterapico, stratificare i pazienti a rischio lieve, moderato o alto di TEV attraverso l’utilizzo di score di validazione del rischio o RAM (Risk Assessment Models), supportando la decisione finale sempre attraverso il giudizio clinico e, non ultimo, le preferenze del paziente.

A oggi, il RAM maggiormente utilizzato dai clinici, e riportato anche dalle principali linee guida internazionali, è lo score di Khorana che ha il vantaggio di utilizzare degli items estremamente semplici e di facile ottenimento quali la conta dei globuli bianchi, il livello di emoglobina, la conta piastrinica, la sede del cancro e l’indice di massa corporea, ma al tempo stesso presenta alcuni svantaggi come il basso valore predittivo sui pazienti ad alto rischio di TEV e la scarsa performance su alcuni tumori come il polmone e l’ovaio.

Al Khorana hanno fatto seguito, negli anni, numerosi altri RAM che hanno utilizzato il Khorana come base provando ad aggiungere altri items per migliorare la capacità dello score di stratificare il rischio TEV nel paziente oncologico ambulatoriale, quali il Vienna score (2010), il Protecht (2012), il Conko (2013), l’Onkotev (2017), o il Vienna CATS score (2018) ma nessuno di questi RAM performa realmente bene, come testimonia il numero elevato di eventi TEV spesso riscontrato nei pazienti classificati a basso rischio.

A ogni modo, tutte le linee guida attuali raccomandano di considerare attentamente, prima di avviare il paziente oncologico a eventuale profilassi anticoagulante, sia il rischio trombotico, mediante lo score di Khorana, che quello emorragico, anche se, a oggi, purtroppo, non abbiamo a disposizione score in grado di predire il rischio emorragico in questo specifico setting di pazienti.

Di recente, le ultimissime linee guida della Società Europea di Oncologia Medica, ESMO 2023, hanno incluso altri due “score” per la valutazione del rischio, da poco validati esternamente, il COMPASS ed il VIENNACAT score, tuttavia, gli autori sottolineano come la ricerca di uno strumento che riesca ad individuare nel modo migliore i pazienti da sottoporre a tromboprofilassi farmacologica sia ancora in corso.

Nel caso in cui il clinico ritenga indicato avviare una profilassi anticoagulante per il suo paziente oncologico, abbiamo attualmente a disposizione diverse soluzioni farmacologiche come l’utilizzo della profilassi iniettiva con eparina a basso peso molecolare o l’utilizzo degli anticoagulanti diretti (Doacs). I trial Prothect (Nadroparina), Save-onco (Semuloparina), Fragem (Dalteparina) e Conko-004 (Enoxaparina) hanno dimostrato, nello scorso decennio, efficacia e sicurezza delle eparine quando somministrate in profilassi nel paziente ambulatoriale con cancro, mentre i trials Avert (Apixaban) e Cassini (rivaroxaban) hanno ottenuto gli stessi risultati con i Doacs.

Pertanto anche le ultime linee guida ESMO 2023 sottolineano come, nei pazienti ambulatoriali che iniziano una terapia antineoplastica sistemica ed hanno un alto rischio trombotico (identificato con i suddetti score) possono essere presi in considerazione per la tromboprofilassi primaria (per un massimo di 6 mesi) apixaban, rivaroxaban o eparina a basso peso molecolare (EBPM). Tuttavia, nonostante un analogo documento AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) si esprima negli stessi termini, occorre ricordare che in Italia i DOAC non sono ancora autorizzati per questa indicazione.

In conclusione, la tromboprofilassi nel paziente oncologico ambulatoriale presenta ancora alcuni lati oscuri, ad esempio non abbiamo uno strumento in grado di stratificare bene il loro rischio trombotico: di sicuro, non bisogna tromboprofilassare tutti i pazienti che si apprestano a iniziare un percorso chemioterapico ma occorre valutare, caso per caso, individuando coloro che per fattori di rischio legati al tumore, al paziente stesso (es. la trombofilia) o al tipo di trattamento, presentano un elevato rischio tromboembolico e potrebbero giovarsi realmente di un’adeguata tromboprofilassi.

di Giuseppe Vercillo
Dott. Giuseppe VercilloDirigente Medico presso Regina Elena National Intstitute for Cancer Treatment and Research

 

 

 

 

Tratto da General Medicine Tech, Anno 4, Numero 2, Marzo 2023

 

Bibliografia di riferimento

– Moika F, Aya C, Pabinger I. Risk prediction for cancer-associated thrombosis in ambulatory patients with cancer: past, present and future. Thrombosis Research 2020; 191S1: S3-S11.

– Salah Eddine Ousama Kacimi, Aysan Moeinafshar, Shirin Shahsavar Haghighi, et al. Venous thromboembolism in cancer and cancer immunotherapy. Critical Reviews in Oncology / Hematology 2022; 178: 103782-

– Falanga A, Marchetti M. Cancer-associated thrombosis: enhanced awareness and pathophysiologic complexity. J Thromb Haemost. 2023; 21: 1397-1408.

– Salgado M, Brozos-Vázquez E, Campos B, et al. Venous Thromboembolism In Cancer Patients: From Evidence to Care. Clinical and Applied Thrombosis/Hemostasis 2022; 28: 1-12.

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