Eparina, meglio una domanda in più dal medico di famiglia al paziente per non correre rischi

Eparina – La pandemia ha indubbiamente modificato il rapporto tra medico di famiglia e paziente. Per garantire la continuità assistenziale al paziente e favorire il dialogo con il medico, da remoto e in totale sicurezza, sono infatti entrati nella pratica videochiamate, messaggi whatsapp. Anche le innovazioni però non cambiano un punto cardine: la necessità di mantenere il dialogo e la fiducia.

È un fil rouge che deve esserci sempre e soprattutto quando è necessaria la prescrizione di una terapia mai utilizzata fino a quel momento per quel determinato paziente.  Ma quali sono le informazioni importanti che si devono scambiare medici di famiglia e paziente nel caso sia necessaria una terapia con eparina? Le spiega Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale a Milano.

L’anamnesi: il primo passo

Vanno sempre valutati i parametri del paziente: l’età, il peso corporeo, se ci sono stati nel passato dei problemi emorragici e se ci sono patologie a carico dell’apparato gastrico. «L’età in particolare va ponderata con attenzione», sottolinea il dottor Mangiagalli. «Bisogna infatti sempre tenere conto che l’età avanzata rappresenta di per sé un fattore di rischio di emorragie spontanee».

Terapie farmacologiche in corso e malattie pregresse

Ci sono principi attivi che possono causare problemi, in caso di somministrazione di eparina. «A volte è necessaria una grande abilità nel mettere a fuoco le terapie in corso, perché non sempre il paziente dà ai farmaci che assume il “nome giusto”», sottolinea il dottor Mangiagalli. «Pensiamo ad esempio agli anticoagulanti per la fibrillazione atriale.

Oggi sono disponibili formulazioni orali decisamente più pratiche rispetto ai medicinali di prima generazione, ma che vengono liquidate dal paziente come “pastiglie per il cuore”. Proprio per tale ragione, è opportuno sempre chiedere al paziente di vedere la scatola del farmaco, oppure la prescrizione». Prudenza anche in caso di assunzione di cardioaspirina.

«Le vie di azione sono certamente diverse, l’acido acetilsalicilico noto ai più come Cardioaspirina, agisce sul sistema delle piastrine ed è attivo sul versante arterioso, mentre l’eparina agisce sui fattori della coagulazione sul versante venoso», dice il dottor Mangiagalli. «Ma anche in questo caso si può verificare un aumento del rischio di sanguinamenti».  All’erta anche in caso di terapie con i FANS, farmaci antinfiammatori non steroidei, utilizzati quali antidolorifici e antifebbrili, perché possono favorire l’insorgere di emorragie.

Tisane & co.

Non è del tutto chiaro al momento se l’eparina può interagire con piante officinali e integratori. «Si sa ad esempio che l’erba di San Giovanni, o iperico, che viene utilizzata per le forme ansiose e di depressione leggera, può rallentare il metabolismo epatico e per questo è bene sospenderne l’assunzione, almeno temporaneamente», afferma il dottor Mangiagalli. «E in generale comunque, andrebbero evitate tisane e integratori specialmente se prese di propria volontà senza il parere del medico».

L’algoritmo che aiuta

La tecnologia fornisce un grande supporto nell’aiutare il medico di famiglia nelle sue decisioni. «Abbiamo a disposizione degli algoritmi che si possono scaricare anche sullo smartphone, in modo da averli sempre a portata di mano», spiega il dottor Mangiagalli. «Contengono la scheda tecnica del farmaco, le raccomandazioni e altre informazioni di base. A queste, vanno aggiunte quelle relative all’anamnesi del paziente. Il risultato è un punteggio, che ci indica il rischio di emorragie e di conseguenza orienta la decisione del medico».

L’assunzione in pratica

L’eparina si somministra da sé: il farmaco è contenuto in fiale-siringhe pre-riempite, già pronte all’uso con tanto di piccolo ago. L’iniezione va praticata nella zona dell’addome, sulle cosce e sulle braccia. Ma anche in questo caso, mai dare nulla per scontato. «Per la somministrazione dell’eparina ci vogliono entrambe le mani e per questo va valutata la manualità della persona e se ci sono problemi artrosici, ad esempio, che rendono più difficoltosa la presa», chiarisce il dottor Mangiagalli.

«Se poi il paziente non si è mai fatto un’iniezione da sé, è necessario spendere qualche minuto in più del proprio tempo per insegnargli come si fa, quanto deve entrare l’ago. Durante la pandemia, noi medici di famiglia avevamo realizzato un video da inviare al paziente per aiutarlo ed è stato molto utile». Il paziente va anche avvisato che si possono formare delle ecchimosi nelle zone delle punture, e che non bisogna allarmarsi. E che invece va avvisato subito il medico in caso di sanguinamenti insoliti.

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