Chemioterapia
Cuore e cervello vanno protetti durante la chemioterapia, per evitare il rischio di pericolose trombosi. Un pericolo concreto, tanto che il tromboembolismo venoso rappresenta per i malati oncologici la seconda causa di morte dopo la malattia stessa. «Il tumore provoca nell’organismo uno stato di infiammazione sistemica cronica», spiega Saverio Cinieri, Presidente AIOM, Associazione italiana oncologi medici. «Questa situazione può provocare un’attivazione dei fattori pro-coagulanti, cioè che favoriscono la coagulazione. Con un rischio di formazione di coaguli che può peggiorare durane le terapie antitumorali». Per questo le Linee guida 2020 AIOM su Tromboembolismo venoso nei pazienti con tumori solidi, dedicano alla chemioterapia un paragrafo.
Rischio di trombosi:i fattori da non sottovalutare
Lo studio pubblicato su Blood (Khorana AA, Kuderer NM, Culakova E, et al. Development and validation of a predictive model for chemotherapy- associated thrombosis. Blood. 2008;111:4902-7) e condotto su pazienti neoplastici in regime ambulatoriale per terapie antitumorali, cioè chemioterapia e ormonoterapia, ha messo in luce chi ha più probabilità di incorrere in una trombosi.
A fare la differenza è il punteggio ottenuto con il Khorana score. Permette di ottenere un risultato attendibile in base alla presenza di determinati fattori: il body mass index superiore a 35, l’istotipo tumorale (carcinoma gastroenterico oppure polmonare o linfoma), il numero di piastrine superiore a 350.000/L, la leucocitosi, uno stato di anemia, oppure la terapia con fattore di crescita eritropoietico.
«Il Khorana score permette di selezionare i pazienti ad alto rischio di tromboembolismo venoso e di agire in via preventiva», sottolinea il professor Cinieri. «Il risultato che ci deve mettere “sul chi vive” è un Khorana score superiore a due. In questo caso, è necessario attivare una terapia profilattica con eparina a basso dosaggio molecolare».