Eparina per la profilassi TEV in oncologia, punti di forza e criticità

Profilassi TEV – Tra cancro e trombosi c’è una relazione molto stretta, come dimostrano anche gli studi. Dati alla mano, l’incidenza annuale di un evento trombo-embolico nella popolazione generale è di circa 117 casi ogni 100.000 abitanti, con numeri che quadruplicano in caso di neoplasia.

Non solo. Il rischio di recidiva della trombosi è più elevato nei pazienti con cancro rispetto ai pazienti senza cancro, come hanno dimostrato due studi (1. Prandoni P, Lensing AW, Piccioli A, et al. Recurrent venous thromboembolism and bleeding complications during anticoagulant treatment in patients with cancer and venous thrombosis. Blood 2002;100:3484-8; 2. Prins MH, Hettiarachchi RJ, Lensing AW, et al. Newly diagnosed malignancy in patients with venous thromboembolism. Search or wait and see? Thromb Haemost. 1997;78:121-5).

Eppure, nonostante le evidenze e la presenza di dati così importanti, c’è ancora molto da fare per quanto riguarda l’utilizzo dell’eparina in ambito oncologico, come ci racconta il Prof. Sandro Pignata, Direttore dell’oncologia medica del Dipartimento di Uro-ginecologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori I.R.C.C.S. “Fondazione Pascale” di Napoli e Responsabile scientifico Rete Oncologica Campana.

Che cosa si può fare per migliorare la consapevolezza sull’uso dell’eparina?

Il rischio di tromboembolismo venoso (TEV) viene sottovalutato dagli oncologi, nonostante rappresenti una problematica importante che può condizionare l’efficacia delle cure oncologiche in generale. C’è sicuramente da riprendere l’attività formativa che durante la pandemia forse è stata un po’ trascurata e far comprendere alla comunità scientifica che è importante valutare i pazienti in base al rischio in modo da prescrivere in maniera adeguata  l’eparina a basso peso molecolare.

Come si valuta il rischio?

Ci sono degli strumenti che si possono utilizzare a tal proposito. Quello maggiormente utilizzato, anche nell’ambito di studi clinici, è lo score di Khorana.  Per la sua validità, è indicato nelle linee guida dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e del National Comprehensive Cancer Network per selezionare i pazienti oncologici ambulatoriali per la tromboprofilassi.

Assegna punti a cinque parametri clinici e di laboratorio pre-chemioterapici: sito del tumore primario (+1 o 2 punti), conta piastrinica di 350×10 9 /L o più (+1 punto), concentrazione di emoglobina pari o inferiore a 100 g/l o uso di agenti stimolanti l’eritropoiesi (+1 punto), conta leucocitaria di 11×10 9 /l o superiore (+1 punto) e indice di massa corporea di 35 kg/m 2 o superiore (+1 punto.  Un risultato pari a  0 punti classifica i pazienti a basso rischio di TEV, 1 o 2 punti a rischio intermedio e quelli con 3 o più punti ad alto rischio.

Quando andrebbe eseguito?

Di sicuro prima di iniziare i trattamenti, ma anche nel corso delle terapie, perché le condizioni di partenza del paziente possono modificarsi man mano nel corso del percorso terapeutico. Pensiamo ad esempio al rischio legato ad alcune cure, come la chemioterapia, ma anche ad alcuni farmaci di ultima generazione.

Ad esempio, ci sono molecole che vengono prescritte per stimolare l’attività dei globuli rossi, che possono generare un rischio trombotico. Lo stesso vale per gli anti-angiogenetici che rappresentano un tipo particolare di terapia, perché non agiscono direttamente sul tumore ma sulla rete di vasi sanguigni necessari allo sviluppo del cancro. Questa azione, però, può aumentare il rischio trombotico.

Ci sono forme tumorali maggiormente esposte?

Sicuramente le neoplasie ginecologiche, che espongono a un rischio elevato di TEV, ma anche il tumore del polmone. Sappiamo poi che i pazienti con una trombosi idiopatica hanno un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia fino ad un anno dopo l’evento tromboembolico: è il caso ad esempio del tumore del pancreas, che talvolta può esordire proprio con una trombosi.

Anche alcune condizioni del paziente possono giocare un ruolo negativo?

Sì, il peso corporeo espone a un maggiore rischio trombotico, ancora di più se associato a ipertensione arteriosa e diabete, altre due patologie che a loro volta comportano un aumento del rischio.  Sono informazioni importanti, che dobbiamo tenere presente anche nel caso del paziente oncologico.

 

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