I pazienti oncologici hanno un rischio quadruplicato di incorrere in un episodio di tromboembolismo venoso. È necessario, dunque, avere a disposizione una terapia appropriata, in grado di risolvere nonché prevenire questi eventi, che sono particolarmente pericolosi per chi ha un tumore. Ma cos’è meglio?
Eparina a basso peso molecolare, anticoagulati orali diretti, oppure antagonisti della vitamina K? Per rispondere a questo quesito, un gruppo di ricercatori dell’università di Ginevra in Svizzera ha condotto una review, analizzando 14 studi per un totale di 4661 pazienti oncologici. È stata pubblicata sulla rivista scientifica online PlosOne.
Tromboembolismo venoso e cancro: cosa dice lo studio
Come hanno sottolineato gli Autori, «l’eparina a basso peso molecolare (LMWH) è generalmente raccomandata per il trattamento della trombosi associata al cancro, ma richiede gravose iniezioni giornaliere. Abbiamo condotto una revisione sistematica per confrontare l’efficacia e la sicurezza degli anticoagulanti orali diretti (DOAC), degli antagonisti della vitamina K (VKA) e delle EBPM nei pazienti con cancro».
Sono state calcolate meta-analisi a coppie e a rete per la recidiva del tromboembolismo venoso e le complicanze emorragiche. Nel confronto a coppie, DOAC era superiore a LMWH per prevenire la recidiva di TEV (HR 0,63; IC 95% 0,42-0,96) e LMWH era superiore a VKA (HR 0,53; IC 95% 0,40-0,70). Il tasso di sanguinamento maggiore era superiore con DOAC rispetto a LMWH (HR 1,78; IC 95% 1,11-2,87).
Nella meta-analisi di rete, DOAC aveva un tasso di recidiva di TEV inferiore, ma non significativo, rispetto a LMWH (HR 0,74; IC 95% 0,54-1,01). Sia DOAC (HR 0,42; IC 95% 0,29-0,61) che LMWH (HR 0,57; IC 95% 0,44-0,75) erano associati a tassi di recidiva inferiori rispetto a VKA.
Il commento dello specialista. Saverio Cinieri, Presidente AIOM
Quello affrontato in questo lavoro scientifico è un problema annoso e dibattuto. Pertanto rimane necessario effettuare un rapporto rischi/ benefici ogni volta che diventa necessario eseguire la profilassi o trattare una TEV. E questo emerge a chiare lettere anche dalla meta-analisi. Da una parte, i DOAC sembrano efficaci per prevenire la recidiva di TEV nei pazienti oncologici, ma sono associati a un aumentato rischio di sanguinamento rispetto all’eparina a basso peso molecolare.
Per questo, ribadisco, la scelta dell’anticoagulante deve essere personalizzata, tenendo conto del rischio emorragico del paziente, della sede del cancro, dei risultati delle analisi del sangue, di eventuali altre terapie in corso, comprese quelle oncologiche ovviamente, dello stato dal punto di vista della mobilità, dell’età, per citare solo alcuni dei fattori da considerare.