L’obesità è associata a numerose condizioni patologiche, tra cui il tromboembolismo venoso (TEV). La TEV è una malattia multifattoriale; più della metà dei pazienti ospedalizzati sono a rischio.
Uno studio recente ha valutato il rischio di TEV associato all’obesità, tenendo conto della classe di obesità (secondo l’indice di massa corporea), del sesso, dell’età e della presenza di alti fattori di rischio acquisiti (stato di gravidanza/postpartum, uso di terapia ormonale, storia personale e familiare di TEV, fumo, immobilizzazione prolungata e presenza di comorbilità). I pazienti coinvolti sono stati 732.
I risultati emersi hanno evidenziato che l’obesità era associata ad un rischio aumentato di 6,2 volte di TEV. Il rischio era più alto nei pazienti di età superiore ai 50 anni e nell’obesità di secondo e terzo grado (rispettivamente BMI superiore o uguale a 35 e a 39,9). L’interazione tra l’obesità e un altro fattore di rischio acquisito ha quasi raddoppiato il rischio di TEV. Inoltre l’obesità è un fattore di rischio indipendente per la TEV sia per i pazienti di sesso femminile che per quelli di sesso maschile.
Obesità e anticoagulazione: una scommessa
L’utilizzo della terapia anticoagulante in questo gruppo di pazienti rimane tuttavia una sfida, e la dose appropriata di farmaco è tutt’ora incerta. Nella pratica clinica, i medici hanno spesso difficoltà rispetto alle decisioni terapeutiche nei pazienti obesi in quanto non sanno se la posologia debba essere modificata in relazione al peso corporeo al fine di prevenire le complicanze.
Come mostrato dagli studi di farmacocinetica, alcuni parametri risultano alterati nel paziente obeso, come il volume di distribuzione, l’emivita e la clearance. Vi sono ancora pochi dati disponibili, alcuni studi sono in corso e non vi è un chiaro consenso medico sia per quanto riguarda i nuovi anticoagulanti orali che le eparine a basso peso molecolare. Generalmente questi farmaci vengono somministrati in una dose fissa uguale per tutti. Ma vi sono alcune prove che l’uso di dosi fisse standard in pazienti gravemente obesi potrebbe non fornire un’adeguata protezione contro la TVP.
A tale riguardo, le linee guida dell’American College of Clinical Pharmacy del 2004 suggerivano, su base empirica, di aumentare la dose di eparina a basso peso molecolare (EBPM) di circa il 25% nei pazienti obesi. Le stesse linee guida nell’edizione 2008 suggeriscono poi il monitoraggio dell’attività anti-fattore Xa nei pazienti di peso >150 Kg trattati con dosi aggiustate di EBPM, ma non è ben definita la correlazione tra livelli di anti-fattore Xa e manifestazioni cliniche (TEV ed emorragia).
Tradizionalmente, si considera che dopo 4 ore dalla somministrazione di EBPM, i livelli di anti-fattore Xa in pazienti in profilassi debbano essere fra 0,1 e 0,4 U/ml.
Dose standard o adeguata al peso?
Uno studio sulla farmacodinamica della parnaparina in pazienti obesi (BMI >36), in cui era previsto un intervento di chirurgia bariatrica, ha fornito dati di potenziale interesse per orientare le scelte terapeutiche. Lo studio ha valutato l’attività anti-fattore Xa di un gruppo di pazienti trattati con 4.250 UI/ al dì (dose profilattica standard per i pazienti a maggior rischio di TEV) con quella di pazienti trattati con una dose del 50% superiore.
Mentre nei primi l’attività a 4 ore dalla somministrazione restava nel range atteso, in oltre il 50% dei pazienti sottoposti alla dose maggiore l’attività anti-fattore Xa era più elevata e spesso a livelli compatibili con una terapia anticoagulante e non con una profilassi. I risultati di questo studio, seppur indirettamente, suggeriscono la potenziale pericolosità di utilizzare nei pazienti obesi dosi di EBPM del 50% superiori a quelle standard.
Una poderosa review appena pubblicata ha preso in esame 17 studi per un totale di 6.266 pazienti per quanto riguarda la prevenzione del TEV e 3.225 pazienti per quanto riguarda invece il trattamento. Per la profilassi della TEV, rispetto al gruppo con dosaggio standard, il gruppo ad alto dosaggio ha avuto un’incidenza inferiore di TEV e un’incidenza simile di eventi di sanguinamento. Per la terapia della TEV, rispetto al gruppo a dosaggio standard, il gruppo a dosaggio ridotto ha avuto un’incidenza simile di recidiva di TEV ma un’incidenza inferiore di eventi emorragici.
Rimane dunque certo che con la prevalenza dell’obesità patologica in continuo aumento, sono necessari studi clinici di alta qualità per comprendere meglio la patobiologia della TEV nell’obesità e fornire strategie di prevenzione efficaci, ma sicure.