La cardiochirurgia fornisce diversi tipi di trattamento chirurgico per numerose patologie cardiovascolari dell’adulto, quali, per esempio, insufficienza cardiaca, complicanze dell’infarto miocardico, aneurisma dell’aorta, tumori. Include una vasta gamma di procedure chirurgiche, dalla sostituzione o riparazione di valvole cardiache difettose all’inserimento di bypass aorto-coronarici, sino al trapianto di cuore.
Eparina: sempre negli interventi in CEC
L’uso di eparina è fondamentale durante l’intervento eseguito in Circolazione Extra Corporea (CEC), ma anche nel postoperatorio, per evitare l’insorgere di eventi tromboembolici potenzialmente letali. Secondo un lavoro uscito nel 2000 su Clinical Cardiology, che ha analizzato complessivamente otto studi con 18.000 pazienti arruolati in totale, l’incidenza di tromboembolismo nei pazienti sottoposti a interventi di cardiochirurgia è del 22%. L’incidenza di embolia polmonare risulta pari allo 0,8%, con un 0,16% di casi risultati fatali.
Il sanguinamento perioperatorio è possibile tra i pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca e può comportare un aumento della morbilità e della mortalità negli operati: in questi casi, gli anticoagulanti orali sono usati dopo la dimissione per favorire il mantenimento della fluidità del sangue e prevenire la formazione di coaguli. In particolare, nel primo periodo postoperatorio viene utilizzata eparina a basso peso molecolare (EBPM), somministrata tramite iniezione sottocutanea una o due volte al giorno.
Eparina in cardiochirurgia: i dati sono ancora pochi
Attualmente l’utilizzo della profilassi a base di eparina a basso peso molecolare dopo un intervento di cardiochirurgia non è molto frequente, per via soprattutto della mancanza di linee guida.
Esiste uno studio retrospettivo piuttosto datato di confronto fra la somministrazione esclusiva di eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea (5.000 UI due volte al dì) ed eparina associata all’utilizzo di calze antitrombo (calze a compressione graduata), che ha dimostrato una riduzione dell’incidenza di embolia polmonare dal 4 all’1,5% nel secondo gruppo. Ma a parte questo, mancano al momento dati definitivamente certi in letteratura sull’efficacia di eparina nel ridurre l’incidenza di tromboembolismo nei pazienti sottoposti a cardiochirurgia.
È altresì vero che, indipendentemente dalla presenza di ulteriori variabili che rappresentano fattori di rischio protrombotici aggiuntivi (come l’età avanzata, la pregressa storia di tromboembolismo, le neoplasie o l’obesità), qualsiasi trattamento chirurgico espone di per sé al rischio di tromboembolismo di grado almeno moderato, che giustifica l’impiego di una profilassi eparinica in cardiochirurgia.
Anche se non esistono studi clinici controllati specifici, si può affermare che tale strategia può essere ragionevolmente presa in considerazione alla luce delle evidenze emerse negli altri campi della chirurgia, per esempio ortopedica, generale, ginecologia, urologica, vascolare periferica e spinale.
Se si prendono in considerazione i dati relativi alla chirurgia generale, i 68 trial clinici riportati dalla Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy, suggeriscono che la profilassi con eparina non frazionata o a basso peso molecolare è associata a una riduzione del rischio relativo di tromboembolismo del 70%.
Fondamentale la valutazione del rischio individuale
È indispensabile in ogni caso considerare il profilo di rischio di ciascun paziente per personalizzare il più possibile la terapia, in quanto non esiste, al momento, un protocollo universalmente valido in tutte le situazioni. Al momento le linee guida del 2008 della Società europea di chirurgia cardiotoracica e le raccomandazioni del National Institute of Health and Clinical Excellence indicano solamente che tutti i pazienti che si sottopongono a un intervento di cardiochirurgia devono eseguire profilassi meccanica con elastocompressione.
Se sono presenti fattori di rischio aggiuntivi, quali età maggiore a 60 anni, scompenso cardiaco, catetere venoso centrale in sede, indice di massa corporea superiore a 30, infarto miocardico recente e immobilità, all’elastocompressione (mantenuta fino a quando non si riacquista una normale mobilità) deve essere associata la profilassi farmacologica con eparina a basso peso molecolare (EBPM).
Concludendo, un’attenta valutazione del rischio trombotico individuale appare come l’unica misura attualmente possibile per individuare la misura di tromboprofilassi più appropriata per il singolo caso.