Per rispondere alla domanda abbiamo consultato il professor Massimo Candiani, primario dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Preeclampsia, eclampsia, restrizione della crescita fetale e distacco della placenta fanno parte di uno spettro di complicanze gravidiche con un’origine comune identificabile di un anomalo sviluppo e funzione della placenta, che può avere un’origine primitiva o secondaria a diverse condizioni, tra cui patologie croniche materne od un alterato adattamento cardiovascolare alla gravidanza.
La ricerca recente si è dedicata all’identificazione dei fattori di rischio e degli interventi che consentano di prevenire tali complicanze, in particolare la preeclampsia pretermine. Vari trattamenti sono stati oggetto di studio, tra cui i principali con una dimostrata efficacia si sono rivelati l’Aspirina a basse dosi e la supplementazione di calcio nelle donne con questa carenza.
Diversamente, la terapia antiossidante nelle gravide a rischio ha dimostrato solo benefici controversi nel ritardo di crescita fetale. Globalmente, l’intervento che ha dimostrato la maggiore efficacia per la riduzione significativa del rischio di parto pretermine per preeclampsia, è rappresentato dalla profilassi con Aspirina a bassa dose. Questo farmaco configura oggi la prima scelta nella profilassi delle pazienti a rischio e dimostra la massima efficacia quando iniziata a 11-13 settimane (e comunque entro 16 settimane di gestazione) alla dose di 150 mg al giorno, con assunzione serale.
Le raccomandazioni nazionali ed internazionali
Le Raccomandazioni di buona pratica clinica AIPE (Associazione Italiana Preeclampsia) suggeriscono che nelle donne gravide con fattori di rischio maggiori per preeclampsia (precedente preeclampsia pretermine, ipertensione cronica, diabete pregravidico, BMI > 30 kg/m2 , sindrome da anticorpi antifosfolipidi e procreazione medicalmente assistita per infertilità materna o inspiegata) venga iniziata una profilassi con 100-150 mg/die di aspirina, idealmente prima delle 16 settimane e sicuramente entro le 20 settimane, come dimostrato da trial clinici controllati.
Le gravide considerate a rischio di preeclampsia secondo i criteri sovraesposti dovrebbero ricevere, in associazione all’aspirina, una supplementazione di calcio (da 1,2 a 2,5 g/die) solo se l’introduzione di calcio con la loro dieta risulta essere inferiore a 600 mg/die. Nelle gravide in cui non è possibile quantificare l’assunzione di calcio con la dieta è ragionevole iniziarne la supplementazione.
In gravidanza, in modo particolare nelle gestanti con BMI >30 e/o età materna avanzata, va consigliata in modo proattivo sia un’adeguata attività fisica al fine di mantenere un buono stato di salute, sia un profilo nutrizionale adeguato allo sviluppo fetale, al mantenimento di un giusto peso. Questo approccio potrebbe contribuire a migliorare l’adattamento cardiovascolare materno, prevenendo l’ipertensione arteriosa e riducendo il rischio fetale correlato alle sindrome metabolica materna.
Analogamente, le raccomandazioni FIGO (International Federation of Gynaecology and Obstetrics) hanno recepito evidenze raccolte negli ultimi 20 anni di ricerca proveniente da diversi gruppi in questo campo e promosse inizialmente dalla Fetal Medicine Foundation UK. Queste indicazioni cliniche suggeriscono che tutte le pazienti vengano sottoposte nel primo trimestre di gravidanza ad un test di screening per la preeclampsia precoce mediante raccolta di variabili anamnestiche e biometriche materne, misurazione della pressione arteriosa, dosaggio sierico di biomarkers placentari (pregnancy-associated plasma protein-A o PAPP-A e/o placental growth factor o PlGF) e misurazione dell’indice di pulsatilità mediante Doppler delle arterie uterine.
Le pazienti ad alto rischio dopo lo screening effettuato con questo metodo possono beneficiare della profilassi con Aspirina alla dose di 150 mg al di fino a 36 settimane, dimostratasi efficace in questo gruppo nel dimezzare il rischio di preeclampsia pretermine.
Quando si suggerisce l’uso di eparina
Le raccomandazioni AIPE riportano che l’eparina a basso peso molecolare non è indicata come profilassi della preeclampsia, nemmeno in pazienti con una precedente sindrome preeclamptica. Al contrario, nei casi di trombofilie congenite od acquisite (es. mutazioni in omozigosi del fattore V Leiden o fattore II protombina, sindrome da anticorpi antifosfolipidi) ed analogamente in gestanti con pregressi fenomeni tromboembolici venosi o arteriosi non post-traumatici fuori gravidanza od in precedenti gravidanze (es. pregressa trombo-embolia polmonare) si raccomanda l’impiego preventivo di eparine a basso peso molecolare. Questa modalità di prevenzione dovrà essere considerata anche in caso di patologie autoimmuni o altre patologie croniche con potenziale trombofilico (esempio lupus eritematoso sistemico, cardiopatie materne, etc).
Una prima revisione della letteratura
Se ne deduce quindi che l’eparina a basso peso molecolare, sola o associata all’aspirina, presenta un potenziale ruolo nella prevenzione delle disfunzioni placentari in particolare la preeclampsia. Una revisione sistematica della letteratura condotta su 15 studi per un totale di 2795 partecipanti pubblicata nel 2021 sulla prestigiosa rivista scientifica American Journal of Obstetrics & Gynecology ha potuto verificare che la somministrazione di eparina a basso peso molecolare in donne ad alto rischio di preeclampsia o di altri disordini placentari è risultata associata a una significativa riduzione del rischio, qualora il trattamento venga iniziato prima della 16esima settimana di gestazione. Inoltre, la combinazione di eparina e aspirina è risultata associata a una significativa riduzione del rischio in comparazione con il solo uso dell’aspirina. In ogni caso, sussistendo una grande eterogeneità clinica e statistica, questi risultati meritano conferma in un trial clinico più ampio.
Il ruolo dell’eparina a basso peso molecolare sui fattori di crescita placentare
Un ulteriore studio, pubblicato sulla medesima autorevole rivista americana, ha concentrato l’interesse sulla somministrazione di eparina a basso peso molecolare focalizzando l’attenzione sul fatto che le pazienti ad alto rischio di preeclampsia e di ritardo della crescita fetale presentano bassi livelli circolanti di fattore di crescita placentare. Poiché l’eparina a basso peso molecolare aumenta la produzione e il rilascio del fattore di crescita placentare in vitro, da parte sia dei villi placentari che dell’endotelio vascolare, è stata presa in considerazione la possibilità che la sua somministrazione all’inizio del secondo trimestre di gravidanza possa essere efficace nel ridurre il rischio di preeclampsia in un gruppo ristretto di pazienti ad alto rischio con bassa circolazione del fattore di crescita menzionato.
Obiettivo dello studio è stato quello di verificare l’ipotesi che l’eparina a basso peso molecolare somministrata a titolo di profilassi all’inizio del secondo trimestre possa ripristinare i carenti livelli del fattore di crescita placentare e quindi prolungare la gravidanza assicurandone il buon esito. Da una coorte di più di 4000 pazienti utilizzata per costruire le curve di normalità del dosaggio di PlGF, 33 pazienti con bassi dosaggi di PlGF (sotto al 10 centile) sono state selezionate e divise in tre gruppi seguiti prospetticamente: 7 pazienti trattate con aspirina a bassa dose ed eparina a basso peso molecolare, 5 pazienti trattate con la sola eparina a basso peso molecolare e 21 seguite senza alcun trattamento e con successivo sviluppo di preeclampsia con parto prematuro prima di 34 settimane.
Nel 70% gruppo con duplice trattamento con aspirina ed eparina si è osservato un incremento della concentrazione di PlGF circolante con un parto ad epoche gestazionali più avanzate, mentre negli altri due gruppi non si è ottenuto questo beneficio relativo al dosaggio di PlGF e l’epoca gestazionale al parto è stata più precoce. Lo studio, pur con il limite della bassa numerosità, ha concluso che in pazienti ad alto rischio di disfunzioni placentari e preeclampsia, l’aggiunta di eparina a basso peso molecolare alla profilassi con Aspirina, all’inizio del secondo trimestre di gravidanza, ha mostrato essere in grado di incrementare i livelli di fattore di crescita placentare carente per mediare un miglior esito perinatale. Questi risultati, pur necessitando di conferma e validazione in futuri studi con adeguato disegno e numerosità, aprono un nuovo filone di ricerca per la prevenzione ed il trattamento delle gravide a rischio di preeclampsia e disfunzioni placentari.