Più comunemente conosciuta con il termine gestosi, la preeclampsia è una sindrome ipertensiva specifica della gravidanza. Insieme a eclampsia, restrizione della crescita fetale e distacco della placenta, fa parte di uno spettro di complicanze gravidiche con un’origine comune identificabile in un anomalo sviluppo e funzione della placenta, che può avere un esordio primitivo o secondario a diverse condizioni, tra cui patologie croniche materne od un alterato adattamento cardiovascolare alla gravidanza.
Che cosa è la preeclampsia
Si tratta di una patologia complessa che può aggravarsi improvvisamente e molto rapidamente. Secondo la SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) è corretto definire questa patologia come l’insorgenza de novo di ipertensione dopo le 20 settimane associata a proteinuria e/o presenza di alterazioni della funzione renale o epatica, segni neurologici, emolisi o trombocitopenia e/o iposviluppo fetale. Colpisce il 3-8% delle donne in gravidanza e rimane ad oggi una delle principali cause di morbilità e mortalità neonatale e materna a breve e lungo termine. Inoltre può determinare un ritardo di crescita nel neonato e portare nella gestante colpita disfunzioni in molti organi come reni e fegato.
Problematiche correlate anche a distanza di tempo
La preeclampsia predispone in età avanzata a malattie cardiovascolari e cerebrovascolari tra cui ipertensione, infarto del miocardio, ictus ischemico e demenza vascolare. Secondo un recente studio pubblicato sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology, nel primo anno dopo il parto, le donne che ne hanno sofferto hanno una probabilità 9 volte maggiore di andare incontro a una riduzione clinica delle funzioni cognitive, tra cui ridotta concentrazione e memoria, rispetto alle donne con gravidanze senza aumento della pressione arteriosa.
Il rischio resta elevato per decenni dopo il parto anche se l’estensione e il decorso temporale di questi disturbi rimangono sconosciuti. Ancora da chiarire se l’attenuazione cognitiva possa derivare da una disfunzione endoteliale microvascolare, un segno distintivo della preeclampsia oppure dalla malattia dei piccoli vasi cerebrali che si estende nel post-partum con alterazione delle strutture della rete neuronale e conseguenti problemi di prestazioni cognitive. Da tenere in considerazione anche il trauma psicologico associato che potrebbe influenzare le capacità cognitive.
La profilassi con aspirina
La preeclampsia si associa a un elevato rischio di parto pretermine. L’aspirina a bassa dose rappresenta ad oggi la prima scelta nella profilassi delle pazienti a rischio e dimostra la massima efficacia se iniziata a 11-13 settimane (e comunque entro 16 settimane di gestazione) alla dose di 150 mg al giorno, con assunzione serale.
Le Raccomandazioni di buona pratica clinica AIPE (Associazione Italiana Preeclampsia) suggeriscono che nelle donne gravide con fattori di rischio maggiori per preeclampsia (precedente preeclampsia pretermine, ipertensione cronica, diabete pregravidico, BMI > 30 kg/m2, sindrome da anticorpi antifosfolipidi e procreazione medicalmente assistita per infertilità materna o inspiegata) venga iniziata una profilassi con 100-150 mg/die di aspirina, idealmente prima delle 16 settimane e sicuramente entro le 20 settimane, come dimostrato da trial clinici controllati.
In associazione all’aspirina dovrebbe essere somministrata anche una supplementazione di calcio (da 1,2 a 2,5 g/die) solo se l’introduzione di calcio con la loro dieta risulta essere inferiore a 600 mg/die. Nelle gravide in cui non è possibile quantificare l’assunzione di calcio con la dieta è ragionevole in ogni caso iniziarne la supplementazione.
Il ruolo dell’eparina nella prevenzione della preeclampsia
Ma l’eparina può avere un ruolo nel prevenire questa complicanza? Per rispondere alla domanda abbiamo consultato il professor Massimo Candiani, primario dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
«Sola o in associazione all’aspirina, l’eparina a basso peso molecolare, presenta un potenziale ruolo nella prevenzione della preeclampsia» spiega il professor Candiani. «Una revisione sistematica della letteratura condotta su 15 studi per un totale di 2795 partecipanti pubblicata nel 2021 sulla rivista scientifica American Journal of Obstetrics & Gynecology ha mostrato che la somministrazione di eparina a basso peso molecolare in donne ad alto rischio è risultata associata a una significativa riduzione del rischio, qualora il trattamento venga iniziato prima della 16esima settimana di gestazione. La combinazione di eparina e aspirina è risultata inoltre associata a una significativa riduzione del rischio in comparazione con il solo uso dell’aspirina. Dal momento che sussiste una grande eterogeneità clinica e statistica, tali risultati meritano comunque conferma in un trial clinico più ampio».
L’eparina agisce sui fattori di crescita placentare
Pubblicato sempre sull’American Journal of Obstetrics & Gynecology, un ulteriore studio ha focalizzato l’attenzione sul fatto che le pazienti ad alto rischio di preeclampsia presentino bassi livelli circolanti di fattore di crescita placentare. Dal momento che l’eparina a basso peso molecolare si è mostrata in grado di aumentare la produzione e il rilascio del fattore di crescita placentare in vitro, da parte sia dei villi placentari che dell’endotelio vascolare, è stata presa in considerazione la possibilità che la sua somministrazione all’inizio del secondo trimestre di gravidanza possa ridurre il rischio di preeclampsia in un gruppo ristretto di pazienti ad alto rischio con bassa circolazione del fattore di crescita menzionato.
Lo studio si è posto l’obiettivo di verificare l’ipotesi che l’eparina a basso peso molecolare somministrata a titolo di profilassi all’inizio del secondo trimestre possa ripristinare i carenti livelli del fattore di crescita placentare e quindi protrarre fino a buon esito la gravidanza. Da una coorte di più di 4000 pazienti utilizzata per costruire le curve di normalità del dosaggio di PlGF, 33 pazienti con bassi dosaggi di PlGF (sotto al 10 centile) sono state selezionate e divise in tre gruppi seguiti prospetticamente: 7 pazienti trattate con aspirina a bassa dose ed eparina a basso peso molecolare, 5 pazienti trattate con la sola eparina a basso peso molecolare e 21 seguite senza alcun trattamento e con successivo sviluppo di preeclampsia con parto prematuro prima di 34 settimane.
Nel 70% del gruppo con duplice trattamento con aspirina ed eparina si è osservato un incremento della concentrazione di PlGF circolante con un parto ad epoche gestazionali più avanzate, mentre negli altri due gruppi non si è ottenuto questo beneficio relativo al dosaggio di PlGF e l’epoca gestazionale al parto è stata più precoce.
Lo studio, pur con il limite dei bassi numeri, ha concluso che in pazienti ad alto rischio , l’aggiunta di eparina a basso peso molecolare alla profilassi con aspirina, all’inizio del secondo trimestre di gravidanza, ha mostrato essere in grado di incrementare i livelli di fattore di crescita placentare carente per mediare un miglior esito perinatale. Risultati che, pur necessitando di conferma e validazione in futuri studi con adeguato disegno e numerosità, aprono nuove prospettive per la prevenzione ed il trattamento delle donne a rischio di preeclampsia.