Quale è il ruolo dell’eparina a basso peso molecolare nei percorsi di procreazione medicalmente assistita e in quale contesto clinico può risultare vantaggioso somministrarla? Abbiamo rivolto queste domande al dottor Mauro Cozzolino, ginecologo e direttore della clinica PMA IVI di Bologna, gruppo internazionale specializzato in riproduzione assistita.

Quali sono le condizioni che possono suggerire l’opportunità dell’impiego di EBPM nel contesto di un percorso di procreazione medicalmente assistita?
L’eparina a basso peso molecolare è l’insieme di un gruppo di principi attivi che agiscono come anticoagulanti: viene prodotta a dall’eparina standard ma le dimensioni inferiori e il basso peso molecolare ne rendono l’utilizzo più vantaggioso in alcuni casi rispetto all’eparina standard. All’interno dei percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) può essere impiegata in pazienti che presentano condizioni mediche tali da predisporre a una maggiore coagulabilità del sangue, fattore che aumenta il rischio di trombosi e che può influire negativamente sull’impianto dell’embrione e sul successo della gravidanza.
L’EBPM può trovare inoltre impiego nei casi di gravidanza pregressa con complicazioni trombotiche o aborti ricorrenti e anche in caso di alterazioni specifiche di fattori della coagulazione che suggeriscono una predisposizione alla formazione di coaguli.
Quali accertamenti diagnostici sono necessari per stabilire l’opportunità dell’utilizzo di EBPM in un trattamento di riproduzione assistita?
È sempre il medico curante a valutare se l’impiego di EBPM possa essere indicato nel contesto della PMA. Al fine di una valutazione accurata possono essere quindi necessari alcuni accertamenti diagnostici mirati che possono comprendere: test genetici per la trombofilia ereditaria, per identificare mutazioni genetiche che predispongono a un rischio aumentato di trombosi, esami della coagulazione per valutare eventuali anomalie nella coagulazione del sangue oppure analisi per valutare la circolazione sanguigna nell’utero e nei vasi periferici utili per identificare alterazioni che possano influenzare negativamente l’impianto.
In quale fase del ciclo di PMA può presentarsi la necessità dell’impiego di EBPM?
Non ci sono indicazioni univoche per la somministrazione di eparina durante il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita, ma il suo impiego può essere valutato a seconda delle necessità della paziente, in particolare in caso di alterazioni di specifici fattori trombofilici che possono essere genetici oppure acquisiti.
Nel caso in cui, ad esempio, una donna presenti un’alterazione nei fattori trombofilici, l’EBPM può essere introdotta durante la stimolazione ovarica, successivamente nel transfer embrionario e anche durante la gravidanza per prevenire la formazione di trombi. In generale, il trattamento con EBPM viene avviato in base alla valutazione dei fattori di rischio della paziente e alle problematiche ematologiche o vascolari rilevate.
L’EBPM può essere utile in caso di fallimenti ricorrenti di impianto?
L’EBPM può essere utile in caso di fallimenti ricorrenti di impianto a condizione che le indagini registrino specifiche alterazioni trombofiliche che predispongono a disturbi della coagulazione. In questi casi, l’EBPM può migliorare la perfusione sanguigna dell’endometrio, favorendo un ambiente più consono all’impianto dell’embrione.
Inoltre, l’EBPM può ridurre il rischio di formazione di trombi che potrebbero ostacolare l’afflusso di sangue e nutrienti all’embrione in fase di impianto. Tuttavia, è importante sottolineare che l’utilizzo di EBPM in caso di fallimenti di impianto deve essere valutato caso per caso, in base ai risultati degli accertamenti diagnostici e alla specifica condizione clinica della paziente.
La letteratura in tema riferisce di uno studio osservazionale prospettico condotto nel 2014 su 150 donne con una storia di due o più aborti nel primo trimestre di gravidanza: la somministrazione di eparina a basso peso molecolare ha determinato l’85% di casi di gravidanza portata a termine con successo rispetto a un 66% del gruppo di controllo. I ricercatori hanno comunque concluso che necessitano studi randomizzati più ampi per confermare i risultati.
Una revisione sistematica e una metanalisi del 2021 condotta su otto studi clinici randomizzati controllati ha verificato come l’eparina somministrata a donne con una storia di aborti ricorrenti abbia migliorato significativamente il tasso di nati vivi e ridotto i tassi di aborto spontaneo nel gruppo di intervento rispetto ai gruppi di controllo.