Angina instabile: una sorvegliata speciale

L’angina instabile fa parte delle cosiddette sindromi coronariche acute (SCA). La causa risiede nella formazione di un trombo all’interno dell’arteria coronaria, con conseguente ostruzione parziale o completa del lume del vaso. Nella maggior parte dei casi il trombo si forma su una placca aterosclerotica preesistente. In base al grado e alla persistenza dell’ostruzione, il quadro clinico di angina instabile potrà essere più o meno grave. Quando un trombo provoca occlusione completa e persistente dell’arteria coronarica si verifica l’infarto.

L’angina instabile è responsabile approssimativamente del 50% dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva coronarica. Presenta una mortalità del 2% ed una evoluzione in infarto del miocardio, quindi con necrosi del tessuto cardiaco, del 10 % con una mortalità ad un anno del 20% circa.

Sintomatologia dell’angina instabile

«I sintomi sono quelli dell’angina pectoris (tipicamente dolore o fastidio toracico, spesso irradiato al braccio sinistro e alla gola) fatta eccezione per il fatto che il dolore dell’angina instabile è generalmente più intenso, dura più a lungo, insorge per sforzi lievi o si verifica spontaneamente a riposo» spiega Pier Luigi Tenderini, cardiologo all’Ospedale civile di Venezia. «Inoltre è progressivo o caratterizzato dalla combinazione di diversi fra questi aspetti». L’angina instabile è classificata in base alla gravità e alla situazione clinica secondo la Classificazione di Braunwald.

Diagnosi dell’angina instabile

Si effettua tramite:

  • Caratteristiche dei sintomi

Il dolore toracico è il primo campanello d’allarme.

  • Elettrocardiogramma

È il test più importante e deve essere eseguito prima possibile. Serve per distinguere tra angina instabile e infarto acuto del miocardio. Questa distinzione rappresenta il fulcro del percorso terapeutico che seguira’ il paziente

  • Marker cardiaci

I pazienti in cui c’è il sospetto di un’angina instabile devono effettuare il dosaggio della troponina altamente sensibile (hs-cTn) al momento del loro arrivo e dopo 3 h (oppure al tempo 0 e dopo 6 h se si utilizza il test standard per la troponina). «Solitamente, in caso di angina instabile, si trovano valori già lievemente aumentati di base, che poi si incrementano nei controlli successivi» chiarisce l’esperto.

  • Coronarografia

Questo esame deve essere effettuato tempestivamente nei pazienti instabili (per esempio in caso di dolore toracico persistente, ipotensione, aritmie). I pazienti con angina instabile i cui sintomi si sono risolti, sono in genere sottoposti a coronarografia entro le prime 24-48 ore per rilevare le lesioni che potrebbero richiedere trattamento. La coronarografia il più delle volte associa la diagnosi al trattamento percutaneo (ossia angioplastica, inserimento di stent).

Trattamento farmacologico dell’angina instabile

Tutti i pazienti devono essere trattati con farmaci antiaggreganti, anticoagulanti, e se il dolore toracico è presente, antianginosi.

  • Farmaci antiaggreganti: aspirina all’esordio e una volta al giorno a tempo indeterminato. Masticare la prima dose prima di deglutirla accelera l’assorbimento. L’aspirina riduce il rischio di mortalità a breve e a lungo termine. In caso di intervento coronarico percutaneo, si associano all’aspirina clopidogrel, prasugrel o ticagrelor.

  • Anticoagulanti: eparina (principalmente eparina a basso peso molecolare) o bivalirudina. In alcuni casi si utilizza un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa quando si esegue un intervento coronarico percutaneo complesso. Le eparine a basso peso molecolare hanno una migliore biodisponibilità, sono somministrate con una dose semplice basata sul peso e sulla funzionalità renale, senza il monitoraggio del tempo di tromboplastina parziale attivata e la titolazione della dose, e hanno un minor rischio di trombocitopenia indotta da eparina. La bivalirudina è consigliata per i pazienti con un’anamnesi nota o sospetta positiva per trombocitopenia indotta da eparina.

  • Terapia antianginosa. Il dolore toracico può essere trattato con nitroglicerina o talvolta morfina. La nitroglicerina è preferibile alla morfina, che deve essere usata con moderazione.
  • Beta-bloccanti. I beta-bloccanti sono sempre raccomandati (tranne nei casi di bradicardia spiccata, blocco atrioventricolare, ipotensione o asma), specie per pazienti ad alto rischio. Riducono la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la contrattilità, alleggerendo così il lavoro cardiaco e il fabbisogno di ossigeno.

  • ACE Inibitori. possono fornire una cardioprotezione a lungo termine migliorando la funzione endoteliale.

  • Statina. Anche le statine fanno parte della terapia standard indipendentemente dai livelli lipidici e devono essere continuate a tempo indeterminato.

 

 

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