Ischemia critica degli arti inferiori: il ruolo dell’eparina

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Prof. Andrea Stella

L’ischemia acuta degli arti inferiori è un’emergenza vascolare frequente. Colpisce in modo particolare gli over 60, pazienti diabetici  e chi soffre di patologie infiammatorie della parete arteriosa. Dal momento che può comportare conseguenze molto gravi e invalidanti (come l’amputazione) necessita di stretta sorveglianza e di un intervento tempestivo.

Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Stella già ordinario di Chirurgia Vascolare all’Università di Bologna.

 

Che cos’è l’ischemia critica degli arti inferiori?

Nel 1982, un gruppo di chirurghi vascolari definì il CLI (Critical Limb Ischemia – Ischemia Critica degli arti inferiori) come dolore ischemico a riposo con Indice di pressione alla caviglia/braccio (ABI – Ankle Brachial Index) inferiore a 40 mm Hg, o necrosi tissutale con pressione arteriosa inferiore a 60 mm Hg, in pazienti senza diabete.
I pazienti diabetici erano specificatamente esclusi a causa della neuropatia e delle frequenti infezioni che caratterizzano un quadro clinico del tutto particolare, ma in particolare per il ruolo della neuropatia nel togliere sensibilità. Questa definizione è stata sviluppata principalmente per descrivere i pazienti affetti da ischemia pura dovuta ad aterosclerosi; i fattori di rischio predominanti erano il fumo di tabacco, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, e questo prima prima dell’epidemia globale di diabete mellito (DM). Tuttavia, poiché i pazienti con DM ora costituiscono la maggioranza di quelli con ischemia critica, si deve considerare la perfusione assoluta dell’arto nel contesto della neuropatia.

Quali sono le cause?

La causa dell’ischemia critica risiede nello sviluppo di una Arteriopatia Periferica degli Arti Inferiori, una malattia legata principalmente allo sviluppo di aterosclerosi, ovvero una degenerazione della parete delle arterie che si accompagna al naturale processo di invecchiamento. Già nel 2010, le ricerche statistiche suggerivano che oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo vivevano con l’arteriopatia, con un aumento del 23,5% rispetto al 2000. Si ritiene che questa diffusione sia in gran parte attribuibile all’invecchiamento della popolazione e alla crescente prevalenza dei fattori di rischio, in particolare il diabete mellito.

Questi fattori di rischio sono stati ampiamente studiati e, oltre al diabete, comprendono il fumo, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e l’inquinamento atmosferico. Ma anche malattie come le nefropatie croniche possono essere accompagnate da arteriopatia periferica, che in questi pazienti costituisce un fattore rilevante di mortalità.

Esistono dei segnali che fanno sospettare un’arteriopatia ostruttiva periferica?

Il primo sintomo è rappresentato dalla comparsa di dolore alla deambulazione, di tipo intermittente. Il paziente comincia a camminare bene senza alcun fastidio, ma dopo un certo percorso compare un dolore crampiforme ai muscoli degli arti inferiori provocato dalla mancanza di una adeguata perfusione sanguigna. Attraverso questa rete di arterie viene portato il sangue ai muscoli, con l’ossigeno necessario al metabolismo muscolare che è aerobico. Il paziente si deve fermare, dando così modo ai muscoli di riprendere la loro funzionalità. Non a caso questa malattia veniva chiamata la malattia delle vetrine, perché si può ben comprendere che è imbarazzante fermarsi all’improvviso in mezzo alla strada e guardare una vetrina può essere un buon diversivo. Purtroppo, alla ripresa della deambulazione, ricompare il sintomo.

Come si passa da un quadro meno grave all’ischemia vera e propria?

All’inizio la placca aterosclerotica provoca un restringimento, una stenosi, e quindi il difetto di perfusione non è grave, il flusso è ridotto ma non completamente bloccato. Nella fase successiva sulla stenosi si forma una trombosi che occlude completamente il vaso con una ischemia grave, e una conseguente riduzione della perfusione sanguigna dell’arto. Dal primo stadio di claudicazione intermittente che compare solo dopo sforzo prolungato, si passa al II stadio caratterizzato da una autonomia superiore a 200 m. Con l’aggravamento ulteriore della occlusione arteriosa si passa a un’autonomia inferiore a 100 m. Se la malattia progredisce si arriva ad un quadro clinico assai più grave, III stadio, ed è caratterizzato dal dolore a riposo: è la fase prodromica della ischemia critica. Nel IV stadio si forma la necrosi dei tessuti periferici di piede e gamba.

Quali sono i rischi di questa patologia?

La ischemia grave conduce alla morte dei tessuti dell’arto inferiore: questa condizione si chiama gangrena e richiede l’amputazione. Molti studi epidemiologici hanno peraltro messo in evidenza come la presenza di una arteriopatia periferica costituisca un marker della diffusione e della gravità della malattia aterosclerotica nell’intero organismo.

Come si effettua la diagnosi?

La diagnosi è all’inizio clinica e richiede una valutazione dei sintomi come dolore alla deambulazione (claudicazione intermittente) o a riposo (ischemia critica) e delle condizioni della cute e della muscolatura. Il primo esame da eseguire è l’EcoColorDoppler, ad ultrasuoni, che permette di valutare la perfusione ma soprattutto di valutare la morfologia delle lesioni arteriose compreso la eventuale presenza di trombosi cioè della occlusione della arteria. Successivamente si può effettuare una Angio TC (con mezzo di contrasto). L’esame ematologico serve a verificare la presenza di diabete mellito o alterazioni metaboliche (colesterolo e trigliceridi) e latro ancora.

La terapia cosa prevede?

La terapia è articolata e comprende di base uno stile di vita adeguato, astensione del fumo. Farmaci anti aggreganti piastrinici come l’acido acetilsalicilico, eparina (in genere enoxaparina), NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali) servono nella fase di claudicazione intermittente, mentre quando compare un’ischemia critica il pericolo di amputazione è elevato e deve indirizzare verso terapie più invasive. Si ha la possibilità di effettuare una dilatazione della stenosi o una ricanalizzazione dell’arteria occlusa con tecniche endovascolari come la PTA (Percutaneous Transluminal Angioplasty) con o senzasStent, Sono procedure che vengono effettuate senza una incisione chirurgica ed in anestesia locale pungendo la cute e accedendo così alla circolazione arteriosa, in genere la femorale all’inguine.

Purtroppo, la possibilità di recidiva dopo queste procedure non è irrilevante e varia a seconda del vaso trattato: minore nell’aorta e maggiore man mano che si scende verso la periferia dell’arto. La chirurgia, ovvero il bypass, permette di creare un vero e proprio ponte oltrepassando la occlusione e riportando un flusso sanguigno regolare nella periferia dell’arto. Nei vasi di grosso calibro si può utilizzare un tubo in materiale plastico (Dacron o PTFE), mentre nei vasi più piccoli come le arterie femorali, poplitee e tibiali, si deve ricorrere all’uso della vena safena del paziente che ha caratteristiche biologiche adeguate alla sua trasformazione (arterializzazione) in arteria vera e propria. Anche in questo caso la pervietà del bypass è condizionata da fattori relativi alla anatomia del paziente, alle sue malattie associate e al suo stile di vita, che possono portare alla trombosi del bypass nei mesi o negli anni successivi all’intervento chirurgico.

Come si può prevenire l’arteriopatia e quindi l’ischemia degli arti inferiori?

L’arteriopatia periferica come si può ben capire ha una genesi multifattoriale e quindi la sua prevenzione secondaria è complessa e non può essere considerata assoluta. Lo stile di vita tra cui una attività fisica adeguata alla età, la corretta alimentazione e l’astensione dal fumo sono, assieme alla predisposizione genetica, i fattori principali in un progetto di prevenzione dello sviluppo della malattia. Le arterie sono sottoposte ad un naturale processo di invecchiamento e il sopraggiungere di una malattia aterosclerotica rappresenta un fattore determinante per la loro salute. Questo che abbiamo descritto è un processo che in maniera analoga può colpire tutte le arterie del nostro organismo: arterie coronarie, cerebrali, viscerali e periferiche. Una corretta prevenzione avrà dunque effetti benefici su tutte.

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