Profilassi del tromboembolismo venoso: intervista a Paolo Gresele, presidente SISET

Di profilassi del tromboembolismo venoso si è parlato molto di recente in relazione alle complicanze da Covid 19. Ma l’anticoagulazione è da sempre uno dei pilastri della medicina in termini di prevenzione e terapia e diverse sono le patologie che richiedono tale trattamento. Abbiamo fatto il punto della situazione con il professor Paolo Gresele, Ordinario di Medicina interna del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia, e presidente della Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi (SISET).

La profilassi del tromboembolismo venoso è una tematica sempre attua­le?

La profilassi anti-tromboembolica rimane il cardine della prevenzione della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare e permette non solo di prevenire una significativa frazione di tutte le trombosi venose ed embolie polmonari, con il carico di morbilità e mortalità ad esse collegati, ma anche la sindrome post-trombotica cronica e gli enormi costi associati a queste patologie. Quindi nella pratica medica attuale non si può prescindere da un appropriato uso della profilassi contro il tromboembolismo.

La profilassi in ambiente chirurgico è un dato di fatto. Per quanto riguarda invece l’ambito internistico?

In effetti, mentre la profilassi del tromboembolismo venoso nel paziente chirurgico è diventata una pratica generalmente accettata e largamente impiegata, la profilassi in ambito medico è utilizzata meno sistematicamente. Questo è probabilmente dovuto alla maggiore complessità e diversità del paziente medico a rischio di tromboembolismo rispetto al paziente chirurgico, alla maggiore varietà di ambienti clinici nei quali il paziente medico viene ricoverato, non tutti con adeguata esperienza nella gestione dei farmaci antitrombotici, ed infine all’acquisizione relativamente più recente, rispetto al contesto chirurgico, delle evidenze scientifiche di efficacia della profilassi antitrombotica.

Le complicanze tromboemboliche rap­presentano la seconda causa di morte nel paziente oncologico: qual è la percezio­ne?

Il peso delle complicanze tromboemboliche nel paziente oncologico è molto grande, e spesso rappresenta la causa di morte in pazienti che, con i progressi dei trattamenti antineoplastici, avrebbero altrimenti una speranza di vita molto più lunga che in passato. L’importanza della profilassi antitrombotica è in questo contesto fondamentale e l’armamentario terapeutico, così come le informazioni sulle specifiche tipologie di cancro e di stadio e il relativo rischio trombotico, sono andati allargandosi nel corso di questi anni.

Esistono peraltro specificità e criticità, come ad esempio la trombocitopenia che spesso accompagna in qualche fase la malattia neoplastica o la chemioterapia, che richiede un’attenta valutazione circa l’impiego della profilassi farmacologica ed un’attenta valutazione sulla scelta dei farmaci e delle posologie più adatte. Sono tutti aspetti che non possono prescindere da un’adeguata informazione scientifica.

In questi due anni al centro dell’a­ttenzione c’è stato solo il Sars-cov 2: quali sono le malatt­ie acute infettive che bisognerebbe te­nere d’occhio?

Il Sars-Cov-2 ha monopolizzato l’attenzione dei medici e delle autorità sanitarie negli ultimi due anni, per ovvie ragioni, ma sfortunatamente tutte le patologie croniche, e tutte le altre malattie infettive, hanno continuato a colpire le nostre popolazioni. Molte di queste, come già detto, si associano ad un elevato rischio di tromboembolismo venoso. Tra le malattie infettive un’attenzione particolare lo rivestono le infezioni acute delle vie urinarie, le sepsi e le polmoniti, non solo quelle associate a Sars-Cov-2 ma anche quelle batteriche, acquisite in comunità o in ambiente ospedaliero.

L’eparina è un fa­rmaco vecchio, ma an­cora molto attuale: quali potranno essere le sue potenzialità future?

Le eparine, ed in particolare le eparine a basso peso molecolare, benché possano sembrare apparentemente fuori moda, sono farmaci assolutamente attuali, e per le loro caratteristiche, quali la somministrazione parenterale, la dose-risposta fortemente prevedibile, la facile adattabilità del dosaggio, presentano vantaggi che ne mantengono centrale il ruolo nella profilassi antitromboembolica in numerosi contesti clinici. È difficilmente prevedibile che questo pilastro della prevenzione farmacologica del tromboembolismo venoso possa essere abbandonato nei prossimi anni.

 

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