Profilassi anti tromboembolitica in ortopedia: quando e come

La profilassi anti tromboembolica in ortopedia si rende necessaria perché in questo ambito possono verificarsi i classici tre meccanismi che portano alla trombosi: il danno del rivestimento interno dei vasi sanguigni (endotelio), il rallentamento (stasi) del flusso sanguigno e l’ipercoagulabilità del sangue. Quando sono presenti questi tre elementi, può formarsi un coagulo all’interno delle vene, situazione che è definita “tromboembolismo venoso” (TEV).

In chirurgia ortopedica queste tre condizioni si possono verificare per:
l’uso del laccio emostatico durante l’operazione oppure l’immobilizzazione e il riposo a letto che causano stasi del sangue venoso;
le procedure chirurgiche sull’arto operato possono causare lesioni all’endotelio dei vasi sanguigni;
un trauma che, già di suo, porta alla produzione di sostanze che favoriscono la coagulazione;
l’uso di cemento osseo (polimetilmetacrilato) usato nella chirurgia protesica per fissare le protesi all’osso, che determina ipercoagulabilità del sangue.

I fattori di rischio in ortopedia

I fattori di rischio generali includono età, obesità, vene varicose, storia familiare di TEV, tromboflebite, utilizzo di contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva, antiestrogeni, gravidanza, puerperio, immobilità, ricovero, applicazione di cateteri venosi.
«I fattori di rischio per TEV in ortopedia possono essere suddivisi in tre categorie a seconda della gravità» spiega il professor Valerio Sansone, responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia Clinicizzata all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.

Essi sono:
FORTI: frattura anca o arto inferiore, protesi anca o ginocchio, chirurgia generale maggiore, trauma maggiore, lesione del midollo spinale;
MODERATI: chirurgia artroscopica del ginocchio, cateteri venosi centrali, chemioterapia, insufficienza cardiaca o respiratoria congestizia, terapia ormonale sostitutiva, neoplasie, terapia contraccettiva orale, ictus paralitico, gravidanza/postpartum, TEV pregresso e trombofilia;
DEBOLI: riposo a letto superiore a 3 giorni, immobilizzazione e costrizione a letto, aumento dell’età, chirurgia laparoscopica, obesità, gravidanza/antepartum e vene varicose.
Attenzione però: i fattori di rischio per TEV sono cumulativi, nel senso che possono sommarsi tra loro, aumentando reciprocamente le probabilità della patologia».

Quali pazienti rischiano di più

Secondo l’American College of Chest Physicians (ACCP), i pazienti ospedalizzati senza profilassi per TEV sono classificati in tre categorie di rischio:

BASSO: pazienti che sono completamente mobili e quelli che sono mobili e sottoposti a interventi chirurgici minori (rischio < 10%);

MEDIO: pazienti di chirurgia generale, i pazienti di chirurgia ginecologica o urologica aperta e i pazienti di medicina che sono costretti a letto (rischio compreso tra il 10% e il 40%);

ALTO: protesi totale dell’anca o del ginocchio, frattura di bacino o femore, trauma maggiore.
Dopo una protesi totale dell’anca o del ginocchio la TEV può verificarsi fino a tre mesi dall’operazione.

Epidemiologia del TEV in ortopedia

Senza alcuna profilassi, l’embolia polmonare (EP) è responsabile del 5-10% % di decessi nei pazienti ospedalizzati. Guardando all’ortopedia, l’incidenza di EP fatale si colloca tra il 2% e il 3% dopo la sostituzione elettiva dell’anca e tra il 4% e il 7% dopo la sostituzione dell’anca per frattura del collo del femore.

«Considerando invece l’incidenza complessiva di trombosi venosa profonda (TVP) nei pazienti ospedalizzati di chirurgia generale e di area medica, questa è compresa tra il 10% e il 40%» chiarisce il professor Sansone. «In confronto, l’incidenza della TVP varia dal 40% al 60% nella chirurgia ortopedica maggiore. La chirurgia ortopedica minore invece non comporta un rischio elevato di TEV e la profilassi potrebbe essere omessa in alcune semplici procedure. Tuttavia, non appena sono presenti ulteriori fattori di rischio del paziente, è necessario eseguire un’analisi caso per caso».

Profilassi in ortopedia: quali farmaci e in quali casi

I metodi di profilassi del TEV si dividono in meccanici e farmacologici. I primi includono mobilizzazione, calze a compressione graduata e il dispositivo di compressione pneumatica intermittente.
«La profilassi farmacologica può avvalersi di aspirina, eparina non frazionata, eparina a basso peso molecolare (LMWH), antagonisti della vitamina K, inibitore sintetico del fattore Xa pentasaccaride (fondaparinux) e nuovi anticoagulanti orali (NAO)» puntualizza lo specialista.

«L’eparina a basso peso molecolare sembra essere, nel complesso, più efficiente rispetto agli altri agenti disponibili. Esistono ancora controversie sull’uso della profilassi del TEV nell’artroscopia del ginocchio, nelle lesioni della parte inferiore della gamba e nella chirurgia degli arti superiori. La combinazione tra i metodi meccanici e quelli farmacologici aumenta l’efficacia della profilassi.

Il protocollo di trattamento più efficace per un paziente deve però essere determinato caso per caso e tenere conto del rapporto rischio-beneficio in ogni situazione. Da qui l’importanza della classificazione succitata della ACCP che consente di stabilire la classe di rischio del paziente».

Una meta-analisi conferma il ruolo dell’eparina

A fine 2021 è stata pubblicata una vasta meta-analisi su tutti gli studi clinici randomizzati che hanno utilizzato enoxaparina, fondaparinux, dabigatran, rivaroxaban, apixaban e aspirina per la profilassi del TEV in pazienti sottoposti ad artroplastica totale dell’anca, chirurgia della frattura dell’anca e artroplastica totale del ginocchio. Sono state incluse 23 pubblicazioni per un totale di 48.424 pazienti.

L‘efficacia dell’enoxaparina nella prevenzione dei TEV nel gruppo artroplastica totale del ginocchio era significativamente migliore rispetto a fondaparinux. Nel gruppo artroplastica totale dell’anca, l’efficacia dell’enoxaparina era significativamente migliore dell’apixaban. L’efficacia di fondaparinux, dabigatran, rivaroxaban, apixaban e aspirina era paragonabile a quella dell’enoxaparina nel ridurre la mortalità associata a TEV, i sanguinamenti maggiori e gli eventi avversi.

 

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