Qual è il ruolo e quali sono i compiti del Medico di Medicina Generale nella gestione del paziente con trombosi venosa profonda? Ne parliamo con il dottor Nicola Grilletti, Medico di Medicina Generale a Bari.
Si parla di trombosi venosa profonda (TVP) quando si ha la formazione di un coagulo di sangue (trombo) all’interno di una vena profonda. Nella maggior parte dei casi ad essere interessate al fenomeno trombotico sono le vene degli arti inferiori o della pelvi; in una percentuale variabile dal 4-13% dei casi l’evento trombotico può svilupparsi anche nelle vene profonde degli arti superiori.
L’embolia polmonare (EP) rappresenta la principale e più nefasta complicanza della TVP con un 15% di casi di mortalità entro i tre mesi dell’evento acuto. Tra le complicanze della TVP va annoverata la sindrome post-trombotica che ricorre in media nel 20% dei casi nei cinque anni successivi all’evento acuto e che comporta edema persistente e dolore a carico dell’arto interessato.
Il ruolo del Medico di Medicina Generale
Secondo il Database Health Search l’incidenza di trombosi venosa profonda è di circa 84 casi per 100.000 pazienti/anno; l’incidenza aumenta all’aumentare dell’età e in ogni fascia d’età risulta superiore nel sesso femminile rispetto a quello maschile. Questo significa che un MMG con 1500 pazienti a carico può avere a che fare in media ogni anno con uno-due casi di TVP che si verificano al di fuori dell’ambito ospedaliero. Sono inoltre molto frequenti i casi in cui un MMG si trova di fronte ad un fondato sospetto di TVP.
Il ruolo del MMG è quindi fondamentale perché un approccio tempestivo e razionale consente da un lato di migliorare la prognosi del paziente, prevenendo le temibili conseguenze del tromboembolismo venoso, e dall’altro di risparmiare risorse economiche in termini di spesa sanitaria. E proprio perché il mancato riconoscimento dellatrombosi venosa profonda può avere conseguenze gravi, è opportuno che il MMG mantenga sempre un alto livello di sospetto clinico.
I compiti del Medico di Medicina Generale
1. La diagnosi
Va tenuto presente che compito primario del MMG nel caso di TVP non è quello di giungere a una diagnosi certa, che richiederebbe l’impiego di accertamenti diagnostici non sempre disponibili negli ambulatori delle cure primarie, quanto di capire in tempi rapidi quali siano i pazienti che necessitano di essere inviati in ospedale per accertamenti di secondo livello. È pertanto raccomandabile in questi casi un iter diagnostico rapido affinché la terapia possa essere iniziata tempestivamente.
Nel caso questo non sia possibile, è lo stesso MMG a decidere le modalità e le tempistiche di inizio della terapia, basata sull’utilizzo terapeutico di eparina a basso peso molecolare, da sospendere qualora gli esami diano esito negativo per la TVP. Questo per non esporre il paziente al rischio di un’estensione ulteriore della TVP e per ridurre contemporaneamente il rischio di embolia polmonare, il tutto a fronte di un rischio limitato di effetti avversi secondari alla somministrazione di EBPM per tempi contenuti.
Anche se la diagnosi di TVP richiede sempre accertamenti ospedalieri, non significa che il ricovero sia sempre necessario: il trattamento domiciliare della TVP non solo è possibile ma è anche efficace e favorevole dal punto di vista economico, sia pur solo su pazienti selezionati. Non va trascurato poi il fatto che esiste una categoria di pazienti fragili e non trasportabili sui quali è il MMG che deve intervenire in caso di TVP, anche in assenza di conferme strumentali. L’ospedalizzazione è preferibile, invece, in caso di pregressi episodi di TVP o di EP, in presenza di trombofilia, in soggetti con importanti comorbilità e nelle donne in gravidanza.
2. La terapia
La confermata diagnosi di TVP comporta la presa in carico del paziente per la necessaria terapia. Il MMG in questo ambito può avere livelli di coinvolgimento differente che variano da caso a caso, anche sulla base delle competenze specifiche del medico stesso. Il MMG può infatti gestire in totale autonomia il paziente che non necessita di ospedalizzazione in fase acuta oppure essere supportato dallo specialista nei casi più complessi. Al MMG è affidata anche la gestione della terapia cronica, da solo o in collaborazione con lo specialista.
La terapia principale per la TVP dell’arto inferiore è l’anticoagulazione al fine di prevenire l’estensione del trombo, la recidiva precoce e/o tardiva della trombosi venosa e per la prevenzione dell’embolia polmonare. L’inizio della terapia, e del conseguente effetto anticoagulante, devono essere il più possibile rapidi e per questo il farmaco d’elezione è da individuare nell’eparina a basso peso molecolare.
Per caratteristiche farmacologiche e cliniche (durata d’azione più lunga rispetto all’eparina standard, miglior biodisponibilità, maggior durata d’azione tanto da consentire una sola somministrazione giornaliera, assenza della necessità di controllo dei parametri coagulativi, profilo di sicurezza molto elevato), l’EBPM sostituisce ormai di fatto le eparine non frazionate.
In alternativa è utilizzabile per la terapia acuta della TVP il fondaparinux, molecola che ha però un’esperienza clinica non ancora ampia nel trattamento domiciliare e che spesso, specie negli ultimi tempi è risultata di difficile reperibilità. Dopo un trattamento iniziale con eparina iniettabile, per 5-7 giorni, la terapia può essere proseguita, raggiunta la certezza diagnostica, con anticoagulanti orali, ovviamente nei casi in cui tale scelta terapeutica non presenti controindicazioni.
3. La terapia post-acuta
Gli anticoagulanti orali sono il cardine della terapia a lungo termine. Le controindicazioni assolute all’impiego di questa categoria di farmaci sono poche (allergia o intolleranza agli anticoagulanti – emorragia in atto o recente – gravidanza in corso) ma il MMG deve prestare particolare attenzione al rischio-beneficio, che va quindi sempre valutato dal medico su base individuale, e anche al fatto che il paziente sia in grado di seguire correttamente la prescrizione. Questi ultimi aspetti sottolineano una volta di più il delicato ruolo del MMG che rappresenta il vero gestore della salute dei propri pazienti.
La durata della terapia anticoagulante varia in base ai diversi fattori. Nei pazienti al primo episodio di TVP secondario a fattori di rischio transitori e reversibili è consigliabile un periodo di assunzione degli anticoagulanti di tre mesi che possono essere estesi fino a 6-12 nel caso non siano individuabili fattori di rischio (TVP idiopatica). Per i pazienti con neoplasie attive si raccomanda l’utilizzo di terapia antitrombotica per i primi 3-6 mesi indefinitamente o fino alla risoluzione della patologia neoplastica. Per i pazienti al primo episodio di TVP con presenza di anticorpi antifosfolipidi o con condizioni di trombofilia, si raccomanda un trattamento per 12 mesi o indefinitamente. Per i pazienti con una storia clinica di due o più episodi di TVP si raccomanda un trattamento senza limiti di tempo, con rivalutazione periodica.
4. La prevenzione
È un ulteriore compito affidato al MMG. Nel caso di profilassi dopo dimissione da intervento chirurgico o ortopedico il MMG prosegue la terapia iniziata dallo specialista e consigliata alle dimissioni. Fondamentalmente, in questi casi, il ruolo del MMG che consiste prevalentemente in una azione di sorveglianza sulla aderenza del paziente alla terapia e sulla individuazione di eventuali effetti collaterali, che, come già detto, risultano particolarmente rari dall’utilizzo di EBPM. L’impiego delle EBPM qualora prescritte può presentare infatti per il paziente alcune criticità; ne è un esempio la ridotta manualità negli anziani che suggerisce il ricorso a un aiuto esterno per la somministrazione.
Tra i compiti del MMG va annoverata anche la prevenzione del paziente “medico” ad alto rischio di TVP in presenza di allettamento e/o ipomobilità dovuta a fattori diversi. Gli studi in questa direzione interessano in genere i pazienti medici ospedalizzati nei quali è stato verificato il vantaggio della profilassi farmacologica e non (compressione). A fronte di queste evidenze, il MMG assolve al compito di valutare l’opportunità della profilassi in pazienti domiciliari con le stesse caratteristiche dei soggetti per i quali in ospedale è stata raccomandata la terapia preventiva.
In assenza di specifiche linee guida nel setting della Medicina Generale, ed in attesa di studi realizzati nell’ambito delle cure primarie, il MMG deve “muoversi” per quanto riguarda la profilassi basandosi sulle sue conoscenze e sulla valutazione attenta di ogni paziente per poter stabilire il livello di rischio di ogni singolo paziente e scegliere quali strumenti profilattici utilizzare e per quanto tempo.
Profilassi con eparina: quando
La decisione di istituire la profilassi con EBPM va presa in considerazione in particolare nei seguenti casi:
- Tromboflebiti superficiali. È fondamentale che il MMG istruisca il paziente e i caregivers sulla necessità di segnalare tempestivamente al medico eventuali complicanze, indice di TVP
- Immobilizzazione degli arti inferiori
- Infezioni acute in pazienti domiciliari ad alto rischio per patologie croniche concomitanti, quali neoplasie attive, scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria, malattie infiammatorie croniche
- Viaggi aeri di lunga durata
- Chirurgia mini-invasiva
- Procedure in artroscopia sul ginocchio
- Sospensione della terapia anticoagulante orale in previsione di interventi chirurgici. In caso di interventi maggiori la gestione è dell’ospedale mentre è affidata al MMG per procedure chirurgiche semplici e ambulatoriali. Il rischio correlato ad una breve interruzione dell’anticoagulante (massimo 5 giorni) è basso ma il MMG deve stabilire se usare EBPM in base alla valutazione singola dei fattori di rischio.
In conclusione
La valutazione sulla opportunità di prescrivere la profilassi tromboembolica per i pazienti medici nella pratica clinica, è pertanto la risultante di una valutazione molto complessa, dal momento che il rischio di TEV nel paziente ambulatoriale deriva da una sommatoria di molteplici fattori predisponenti individuali e di fattori legati alle patologie in atto, con i vari fattori di rischio (età, immobilità, neoplasie attive, infezioni, stati infiammatori) che, pur essendo tutti fattori noti, negli studi clinici hanno evidenziato un contributo differente al rischio clinico di TEV.
Pertanto la conoscenza del paziente e dei suoi specifici fattori di rischio, tipica del MMG, deve costituire la base di partenza per stabilire se il paziente necessita di un’appropriata profilassi, del tipo di profilassi da adottare e della durata della profilassi stessa nel tempo.
Il MMG ha pertanto precise responsabilità dirette e autonome (ossia non coperte da LG) nei confronti di pazienti medici o sottoposti a procedure chirurgiche o ortopediche a minor rischio di TEV.
Compiti del MMG sono pertanto:
- stratificare il rischio di TEV nel singolo caso utilizzando i fattori di rischio noti e gli score validati per i pazienti;
- “pensare” al rischio di TEV in tutti i pazienti con prospettive di ipomobilità e allettamento prolungati;
- adottare la profilassi farmacologica nel singolo caso secondo le indicazioni AIFA e le normative vigenti (indicazione terapeutica, appropriatezza prescrittiva, rimborsabilità);
- valutare caso per caso il rapporto rischio/beneficio della profilassi farmacologica;
- prendere in considerazione eventuali misure profilattiche non farmacologiche;
- confrontarsi con esperti della patologia nei casi dubbi;
- sollecitare, in sinergia con gli esperti del settore, l’individuazione di protocolli standardizzati di gestione del paziente medico a rischio TEV.