La terapia con eparina sul territorio

L’eparina a basso peso molecolare (EBPM) è un farmaco sia di uso ospedaliero che utilizzato per la terapia domiciliare, prescrivibile dallo specialista e dal medico di medicina generale. Ma quali sono i punti di forza e le criticità della terapia domiciliare con EBPM sia da parte dei medici che dei pazienti? Ne parliamo con il dottor Andrea Mangiagalli, medico di medicina generale a Milano.

EBPM: quando si impiegano

Le EBPM rappresentano ad oggi la terapia di scelta nel trattamento e nella profilassi del tromboembolismo venoso (TEV). Seria e letale complicanza nei pazienti sia medici che chirurgici, il TEV è caratterizzato da due manifestazioni cliniche: l’embolia polmonare (EP) e la trombosi venosa profonda (TVP), strettamente correlate tra loro essendo, nella maggior parte dei casi, la prima conseguenza della seconda e, pertanto, inquadrabili in un unico continuum fisiopatologico. Il TVP rappresenta la prima causa di morbosità e mortalità prevenibile fra i pazienti ospedalizzati e un problema rilevante in molti pazienti dopo dimissione ospedaliera.

I punti di forza delle EMBP

Negli ultimi anni le EBPM hanno sostituito l’eparina non frazionata (ENF) grazie a una maggiore maneggevolezza e praticità d’uso. I pazienti trattati con eparina a basso peso molecolare presentano infatti una minore incidenza di eventi (piastrinopenia eparina indotta, effetti osteopenizzanti ed epatotossici) che possono determinare gravi complicazioni tromboemboliche rispetto ai pazienti trattati con eparina standard. Inoltre, le EBPM consentono di poter utilizzare dosi fisse da somministrare una o due volte al giorno per via sottocutanea favorendo così la terapia domiciliare. Con le EBPM inoltre non è necessario monitorare la loro concentrazione plasmatica, essendo la loro farmacocinetica prevedibile.

La gestione delle EBMP da parte del medico di famiglia

Trattandosi quindi nel caso delle EBPM di un farmaco che prevede terapia domiciliare, l’attenzione si sposta verso il medico di famiglia in qualità di professionista che ha il compito di farsi carico e gestire la terapia. Il primo punto fermo che ben sottolinea il dottor Mangiagalli? Il medico di medicina generale è perfettamente in grado di gestire in autonomia la maggior parte delle problematiche legate all’impiego domiciliare delle EBPM.

Questo deriva principalmente dal fatto che il medico di famiglia ha una conoscenza approfondita della storia clinica del paziente, prima garanzia per un trattamento ottimale e a basso rischio. È al corrente innanzitutto dei parametri del paziente (età- peso corporeo- storia clinica) e ha un monitoraggio preciso delle terapie farmacologiche prescritte.  L’assunzione di alcuni farmaci suggerisce infatti il divieto o comunque la massima prudenza nell’impiego di EBPM. In ogni caso qualora il medico non avesse un quadro aggiornato della terapia assunta dal paziente, ha sempre la possibilità di un consulto diretto chiarificatore sulla questione.

La prescrivibilità delle EBPM

Le EBPM possono essere prescritte sia dallo specialista che dal medico di medicina generale. Possono essere prescritte a scopo profilattico oppure terapeutico. Nel primo caso la prescrivibilità riguarda la profilassi del TEV nei pazienti chirurgici a rischio alto o moderato, in particolare in chirurgia ortopedica e oncologica e la profilassi del TEV nei pazienti non chirurgici ma con patologia acuta (insufficienza cardiaca e respiratoria, sepsi, mobilità ridotto). Le EBPM possono essere prescritte anche come prevenzione di trombi in corso di emodialisi. A scopo terapeutico le EBPM vengono prescritte nel trattamento della TVP, dell’embolia polmonare, nella sindrome coronarica acuta e nell’infarto del miocardio STEMI.

Gli usi off-label delle EBPM

Nella pratica clinica le EBPM possono avere anche impieghi off-label. Le indicazioni per le quali le EBPM possono essere prescritte a carico del SSN sono quelle previste dalla legge 648/96. Si tratta della profilassi del tromboembolismo in gravidanza e puerperio nelle pazienti a rischio e nella profilassi delle trombosi venose profonde nei pazienti oncologici ambulatoriali ad alto rischio, purchè l’indicazione sia posta dallo specialista ematologo o oncologo.

Il tromboembolismo venoso rappresenta infatti una complicanza frequente nel paziente oncologico con un rischio aumentato di circa 6 volte rispetto a pazienti non neoplastici. Il rischio di sviluppare un episodio di TEV è maggiore in alcuni tipi di neoplasie (tumori cerebrali, adenocarcinoma dello stomaco e del pancreas, carcinoma del polmone, colon, prostata, reni, ovaio e nei tumori ematologici). Alcuni farmaci assunti in terapia oncologica possono incrementare il rischio di TEV così come la presenza di un catetere venoso centrale.

Le EBPM nella bridging-therapy

Un ulteriore utilizzo off-label delle EBPM è rappresentato dalla cosiddetta bridging-therapy. Con questo termine si intende la somministrazione di un anticoagulante a breve durata d’azione, in genere una EBPM, a seguito della sospensione degli antagonisti della vitamina K, degli antiaggreganti piastrinici e dei nuovi anticoagulanti in previsione di manovre chirurgiche o altre procedure invasive. L’obiettivo della bridging-therapy è ridurre il rischio tromboembolico durante la sospensione della terapia anticoagulante orale e ridurre al minimo il sanguinamento post-operatorio.

Il ruolo chiave del medico di medicina generale

Le prescrizioni che riguardano l’uso off-label delle EBPM possono essere fatte esclusivamente dallo specialista. Lo specialista, ematologo o oncologo, compila il piano terapeutico riportando l’indicazione terapeutica autorizzata seguita dalla dicitura “ai sensi della legge 648/96”. Al suddetto piano allega il consenso informato del paziente. Il farmaco è erogato in distribuzione diretta dalle farmacie ospedaliere e territoriali per distretto di appartenenza.

Va comunque tenuto presente che nel caso particolare della bridging-therapy i pazienti iniziano il trattamento a casa e il medico di medicina generale è direttamente coinvolto nella gestione e nella sorveglianza della procedura. Anche in questo caso la conoscenza della storia clinica del paziente, l’eventuale precedente con EBPM e il tempo trascorso da essa, rappresentano un dato chiave che il medico ha a disposizione per monitorare il rischio di piastrinopenia eparinica.

Le criticità per il medico

L’efficacia e la sicurezza delle EBPM hanno portato ad un utilizzo sempre più crescente nella pratica clinica ma al tempo stesso è emersa l’esigenza di conoscere e di rispettare le indicazioni, la scelta più appropriata delle molecole, la dose e gli schemi terapeutici da adottare come stabilite nell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) dei singoli prodotti farmaceutici disponibili. I criteri per la scelta di tipo e dose di EBPM da somministrare sono due. Il primo riguarda il rischio trombotico ed emorragico intrinseco al paziente o legato alle sue condizioni cliniche nonché ad eventuali procedure a cui è stato sottoposto. Il secondo criterio si lega all’efficacia relativa delle differenti preparazioni e dosi di eparina e il relativo rischio emorragico ad esse correlato.

La tecnologia supporta comunque il medico di medicina generale nella prescrizione grazie a specifici algoritmi, scaricabili anche sullo smartphone, che, incrociando le informazioni sul farmaco con i dati relativi al paziente, identificano con un punteggio il rischio di emorragie dando così un’indicazione chiara sull’impiego dell’eparina.

Da tenere presente poi che nel caso di prescrizione di enoxaparina, il medico di medicina generale dovrebbe tenere conto anche del fatto che il biosimilare, prodotto intercambiabile con il corrispondente originator sia per i nuovi pazienti sia per quelli già in trattamento, consente una riduzione della spesa farmaceutica. Resta come maggior criticità per il medico di medicina generale quella relativa alla durata del trattamento con EBPM dal momento che non è presente una letteratura scientifica in merito.

Le criticità per il paziente

La somministrazione non immediata dell’eparina rimane l’ostacolo maggiore al suo impiego da parte dei pazienti nella terapia domiciliare. Il medico di famiglia può essere di aiuto in questa direzione dedicando qualche minuto per mostrare come si esegue nella pratica la somministrazione. Importante in ogni caso che il medico valuti la presenza di un’eventuale ridotta manualità, problematica tipica degli anziani e che suggerisce il ricorso a un aiuto esterno per la somministrazione.

Altra preoccupazione che i pazienti avvertono nell’uso di eparina è la formazione delle ecchimosi nell’area delle punture: il medico dovrebbe sempre avere l’accortezza di avvisare che non si tratta di un problema allarmante e al tempo stesso sottolineare invece l’importanza di informare subito al medico in caso di sanguinamenti insoliti.

 

 

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